Spesso la gente mi chiede, quando racconto dell’orto solidale, come facciamo a dividere i frutti.
Come se il raccolto fosse l’unico scopo dell’orto.
Un po’ come se l’unico scopo di un viaggio fosse quello di tornare a casa: un’assurdità.
Per me l’orto e` un momento particolare e me ne accorgo perche` dopo 15 minuti (circa) che sono all’orto non esiste più nient’altro. C’è solo il rapporto con la terra, col lavoro, con la schiena (aimè), con la forza, la resistenza, la voglia di fare, il cibo, la stanchezza (e la vecchiaia 🙂 e poi la crescita, il vigore, il nonno, la pizza…
Ma poi anche l’attenzione per il/la compagno/a ortolano/a. Quando lancio il piccone lo faccio spesso di fianco ad un compagno e l’attenzione, in questi casi, è più che una metafora, è un motivo per domandarmi sul senso delle mie azioni. Un significato semplice ma profondo, che ha a che fare con la vita, con l’empatia, col senso di uno. Il piccone cade e fa un buco. Ma non sempre è quello che sembra… non solo…
In tanti modi posso vedere chi sono, ma nell’orto ho visto. Come se guardassi dentro ad un pozzo e vedessi il fondo, come assaggiando un nostro pomodoro ho capito che ci sarà sempre qualcuno che farà un orto, che coltiverà un pomodoro vero.
Ecco, per me l’orto è un’opportunità per essere, oltre che per mangiare dei pomodori migliori di quelli dell’Esselunga.
Condivido volentieri con voi questo mio pensiero, compagni e compagne in questo progetto.
Daniele
Grazie Daniele un pensiero che sottoscrivo